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Channel: Architettura Take Away
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Anche il Design "si è rotto"?

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Che ne pensate? Forse alcuni designer giocano a creare oggetti rotti per volerci inviare un messaggio, una provocazione?
O forse è solo divertimento a sperimentare.
Esistono una quantità di oggetti creati appositamente rotti, frantumati, ridotti a pezzi, esplosi.
E sembra non essere una novità se guardiamo nel passato al lavoro di Gaudì, che ricopriva di frammenti di maioliche rotte a caso, parte dei suoi progetti.



Il designer norvegese Hans Bleken Rudè l'ideatore di "Scheisse", una lampada a sospensione che richiama la classica lampadina, ma "rotta".
Una sorta di esperimento sulla luce e le ombre che il designer voleva evidenziare, un gioco di positivi e negativi ricavato da queste forme spezzettate.
Un effetto sicuramente originale, un "omaggio" alla lampadina, simbolo dell'antica illuminazione che esplode e ci ri-illumina in una versione nuova


© Hans Bleken Rud





Chi di noi da piccolo non ha rotto un vaso? Chissà se ispirandoci ad un'idea del genere, la mamma avrebbe apprezzato :)
"Vase of Phases" di Studio Dror, sono 3 vasi che sono stati ridotti in frantumi, e poi incollati.
Praticamente vasi davvero rotti, e riassemblati.
Sono i vincitori dell' "IF Product Design Award 2006", e sono parte della collezione permanente dello "Staatliches Museum für Angewante Kunst" a Monaco, e dell' "Eretz Israel Museum" in Tel Aviv.




© Photo: Andrew Zuckerman





Un oggetto particolare è la"Less lamp" del designer spagnolo Jordi Canudas.
La lampada è un guscio di fine ceramica.
L'idea del designer è che ognuno può rompere a piacere la lampada in vari punti, per far uscire la luce, infatti è fornita di martello appuntito disegnato dallo stesso Canudas.




© Jordi Canudas





"Crack of Thunder Plate" del designer londinese Reiko Kaneko, sono piatti di ceramica, decorati con un motivo che rappresenta una linea discontinua che li attraversa, come se i piatti dovessero rompersi all'improvviso.


© R.Kaneko





Il designer israeliano Itay Ohaly ha illustrato una serie di esperimenti su sedute chiamati "Fratture".
L'artista ha sperimentato la rottura di diversi tipi di materiali come il legno, il cartone, la pietra, il vetro, etc.
Ha voluto osservare come essi si comportano ad essere manipolati, spezzati, modellati e strappati.



© Italy Ohaly





"Wounded Vase" della designer Muinire Kirmaci sono vasi in ceramica che riportano vari tagli.
Tagli che vogliono indicare delle cicatrici che, come ci indica l'artista, "sottolineano la fragilità dell'amore". L'artista ha presentato questi vasi in una mostra dal tema "Love with Care".


© Muinire Kirmaci





E, visto che si è appena chiusa la settimana pasquale, vi lascio con l'uovo del designer tedesco Ingo Maurer, ispirato dall'uovo di Piero Della Francesca.
Un'installazione composta da cinque gusci d'uovo e cento chili di alluminio.
L'artista ha voluto chiudere la luce all'interno dei gusci, e ci dice che "L'uovo è origine della vita, è forma perfetta, è idealità." e "una cosa che è bella può essere anche distrutta, e rimanere perfetta."



© Ingo Maurer

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Grazie da Architettura Take Away!!!


Alghe nel Design?

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Ebbene sì, le alghe saranno l'energia del futuro, il nuovo materiale.
Vari scienziati ne stanno studiando ed analizzando le proprietà, per sfruttarne il potenziale sia come carburante (bioetanolo), sia come fonte energetica, sia come materiale nuovo che come tessuto nuovo.
Insomma sono tante le possibilità che ci si possono aspettare dalle alghe.


Ultimamente i ricercatori inglesi dell’Università di Aberystwyth, stanno studiando un'alga proveniente dalle coste della Scozia, la "Laminaria Digitata", che potrebbe servire per produrre biocarburante. Il periodo migliore per la raccolta è quello estivo, in quanto l'alga produce molti carboidrati e zuccheri che fermentando servono a produrre etanolo.
Praticamente l'energia del futuro potrebbe essere il biocarburante ricavato dalle alghe.


Sono vari i progetti e le idee che ultimamente gli studiosi stanno cercando di ricavare dalle alghe.
Soluzioni come il raccoglitore di alghe portatile, il Green Trasformer dei designer Y. Liu, J. Yu-ning e L. Jing, che trasforma le alghe in bio-olio, un biocarburante.
Questo dispositivo, dotato di pannelli solari viene immerso nelle alghe, ed utilizzando la fotosintesi ricavata dai pannelli stessi e combinandosi con un additivo chimico, trasforma le alghe in bio-olio.
L'eco-carburante immagazzinato nel serbatoio del dispositivo, potrà poi essere travasato ed utilizzato.






Ideato per il "Seoul International Design Competition 2010", Green Trasformer potrebbe essere una soluzione per estrarre da soli, in maniera facile e comoda il biocarburante.

© Yi Liu Jiang Yu-ning Luo Jing





Ed avete mai pensato di poter mangiare i bicchieri ad un party?
Le designer "Leigh Ann Tucker, Chelsea Briganti, Monica Bhatia e Ingrid Zweifel" hanno ideato per il The way we see the world "Jelloware" i bicchieri biodegradabili commestibili.
Sono realizzati con una gelatina vegetale estratta dalle alghe agar-agar, praticamente un gelificante naturale che viene utilizzato anche molto nella cucina giapponese col nome di kanten.

Questi bicchieri possono essere mangiati mentre si sta bevendo, rilasciando il proprio sapore perchè sono aromatizzati in tre gusti differenti.
Eco-compatibili al 100%, se gettati a terra sono degli ottimi fertilizzanti per le piante, in quanto l'agar-agar è pieno di minerali.


Le designer hanno creato questi bicchieri prototipi nell'ambito del food design per il "GSS Jell-O Mold competition", un concorso che riguarda la gelatina utilizzata nel design. Oltre a questi bicchieri le designer stanno lavorando anche a protipi di piatti realizzati allo stesso modo.

© L. A. Tucker, C. Briganti, M. Bhatia e I. Zweifel"










Ed una lampada fatta di alghe?
È l'"Algae Vase" del designer olandese Mandy den Elzen.
Una lampada realizzata con foglie di alghe Laminaria, un'alga bruna.

Le foglie di alghe vengono bollite, per poi essere modellate e dare la forma alla lampada, infine cucite tra loro, per dare solidità alla forma.
Una volta essiccate, vengono coperte da una resina trasparente. In questo modo la lampada assume un aspetto traslucido, creando effetti davvero suggestivi.



© Mandy den Elzen





Quest'altra lampada invece utilizza una miscela di alghe e fotosintesi per poter funzionare.
È la "Latro Lamp" ideata dal designer Mike Thompson's in collaborazione con i ricercatori della Yonsei University (Corea del Sud)
Una lampada con miscela di alghe che per poter funzionare utilizza energia solare, CO2 (anidride carbonica) e acqua.
Praticamente per ottenere la nostra lampada eco, basterà esporre la lampada alla luce solare e soffiare in un'apertura del serbatoio CO2, per dare anidride carbonica alle alghe.
In questa maniera si avvierà il processo di fotosintesi.
In un'altra apertura si aggiungerà acqua per far fuoriuscire l'ossigeno prodotto dalle alghe.
Ed ecco la luce dalla nostra Latro Lamp!






© Mike Thompson
Animation by James Francis





E perchè no? Anche i tessuti possono essere fatti di alghe.
Come il tessuto fatto con fibre di alghe e proteine del latte, prodotto da un'azienda tedesca "Two Square Meter".
Un tessuto che oltre ad essere eco-compatibile, risulta anche benefico per la pelle.
Una bella svolta per il futuro mondo della moda.


© Two Square Meter





E continuando a parlare di tessuti, l'agenzia I&S BBDO Tokio, ha prodotto Design Nori, dei fogli di alga per arrotolare il sushi.
Un'idea dell’"Umino Seaweed Shop", per incentivare il commercio delle alghe in Giappone, che aveva subito un calo delle vendite dopo lo tsunami del 2011.


Questi fogli di alghe sono tagliati con il laser e rappresentano disegni della simbologia e cultura tradizionale giapponese.
Sono cinque texture; Sakura i fiori di ciliegio, Asanoha i fiori di canapa, Mizutama le gocce d’acqua, Kikkou il guscio della tartaruga e Kumikkou il guscio di testuggine.




© I&S BBDO





Le alghe possono dare il loro contributo anche per i lampioni di città .
Ci ha pensato il biochimico francese Pierre Calleja, lampioni che assorbono il CO2, come 150-200 alberi.
Sono lampioni in fase sperimentale che sfruttano l'energia delle micro-alghe e la fotosintesi, per assorbire una tonnellata di biossido di carbonio in un anno.





© Pierre Calleja





Ed infine, sempre parlando di lampioni, vi lascio con "Biolamp" del designer ungherese Peter Horvath.
Un lampione che converte l'anidride carbonica CO2 che si trova nell'aria in biomassa.

Praticamente un lampione eco-sostenibile, che ha varie funzioni; assorbe smog, trasforma il biossido di carbonio per estrarre bio-carburante, ed illumina la città grazie ad un liquido composto di alghe ed acqua, creando così una reazione chimica con la luce solare.

© Peter Horvath

"Architettura Take Away" moves!

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Rieccomi qui, chiedo scusa a tutti voi per l'assenza di post in questi ultimi tempi.
Il motivo è che "Architettura Take Away" ha lasciato la Spagna per spostarsi in Olanda.
Un tempo di cambi, ma  nuovi post sono già pronti per essere pubblicati.
Un grazie speciale a tutti voi per continuare a seguire questo Blog!












Muschio nel Design

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Da quando sono approdata qui nei Paesi Bassi, mi sono sentita circondata da questo elemento naturale, che per me ha sempre avuto un fascino evocativo, mi ha sempre attratto ed ho scoperto che attrae anche molti designer, i quali si stanno sbizzarrendo ad utilizzarlo tanto negli oggetti, come nell'arredo e nelle installazioni.

Al London Festival of Architecture, le designer norvegesi Pushak, hanno presentato l'installazione "Moss your city" realizzata con il muschio.
Un percorso-labirinto organizzato con passaggi-grotte ricoperte di muschio.
Le designer volevano creare attenzione attorno al loro clima, che in condizione di umidità favorisce la nascita del muschio, così hano sperimentato nella città di Londra questa installazione.
Un progetto che come dicono: "esplorail rapporto tral'architettura contemporanea della Norvegia con il suo paesaggio e le sue risorse naturali, in rispostaalle condizioni localidi Londra."




photos © Pushak


MOSS design dello studio "Verde Profilo", è un esempio di come il muschio può essere utilizzato nell'arredo.
Dalle pareti agli oggetti di casa, i "Moss" hanno dado un tocco di muschio, creando effetti unici.



Si sono dedicati a creare una vera e propria paletta di colori, ispirandosi alle spezie ed alle erbe; come la malva, il cumino, la paprica, etc.

photos © Verde Profilo_MOSS design



La designer dello studio PIA design, si è divertita a sperimentare il muschio, inserendolo nei suoi tappeti, come il tappeto "Garden Rug", realizzando disegni con motivi naturalistici.
E come racconta lei stessa "What qualities can a living organism bring to an  otherwise inanimate object? "
Interessante da leggere è la sua Moss Story

photos © PIA design



Ultimamente anche nella "street art", si sta sperimentando il muschio, con spray per realizzarne graffiti sui muri. Artisti come Anna Garforth hanno realizzato scritte e disegni con questo spray, trovando una sorta di ricetta sul come prepararlo. Un'idea semplice ed efficace come soluzione ai graffiti, che a volte imbrattano i monumenti.





© Anna Garforth



Ed infine vari esperimenti vengono realizzati con il muschio, come "Moss Table", dei designer Alex Driver e Carlos Peralta in collaborazione con Paolo Bombelli.
Praticamente si tratta di un concept design, un tavolino con lampada che utilizza il muschio e la fotosintesi, per produrre un piccolo bio-sistema fotovoltaico.

Con questo esperimento, i designer mettono in evidenza il potenziale dell'energia fotovoltaica in un futuro.



photos © A. Driver, C. Peralta, P. Bombelli

Fatti di FANGO - Made of MUD

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Strano parlare di qualcosa fatta di fango vero?
Oggetti, installazioni, parchi, etc. realizzati con questo materiale naturale.
Forse oggi si pensa poco al suo utilizzo ed alla sua natura per modellare oggetti o come materiale da costruzione, ma fin dall'antichità il fango è stato utilizzato nei modi più svariati.


Ho trovato un progetto, il "Mdula", nato dalla collaborazione dell' UIAH (University of Arts and Design Helsinki) con il WWF.
Si tratta di un concetto di produzione di stufe a biomassa realizzate in fango, una ricerca svolta da cinque studenti provenienti da diverse parti del mondo. Il progetto, grazie agli sponsor, ha preso il via in Malawi, nel Chembe Village, nel 2004.








"Mud Brick Spiral" dell'artista Elin Hansdottirè un'installazione realizzata con il fango, in collaborazione con otto artigiani locali. Una spirale pensata per la Marrakech Biennale del 2012, un'opera realizzata per il villaggio di Tassoultante, in Marocco.







"MudWorks" di Anna Heringerè un'altra installazione, ma nasce come un esempio di come questo materiale può essere utilizzato per costruire pareti.
Una dimostrazione sull'ultilizzo di murature di questo tipo, che sono solide e soprattutto possono sostituire le murature in cemento in alcune aree.
Quest'opera è stata realizzata nello spazio esterno dell' "Harvard Design School" di Gund Hall



Una targa posta su quest'installazione cita:  "Built with EARTH and WATER. Fashioned by the human HAND. As RESILIENT as concrete. This wall can be reclaimed by NATURE."
"Costruito in TERRA e ACQUA. Plasmato dalla mano dell'uomo. RESISTENTE come il cemento.Questo muro può essere reclamato dalla NATURA."




E visto che sono qui nei Paesi Bassi, volevo anche parlarvi di un progetto che sta nascendo da poco, aree di gioco immerse completamente nella natura, costruite con materiali naturali, come la terra, il fango, la sabbia e l'acqua. Il progetto chiamato Mud on your pants comprende sei aree gioco sparse in tutto il territorio olandese. Un modo originale di far relazionare i bambini alla natura.







E Vi lascio con queste texture...



Di seguito un link con varie texture a tema:

http://www.iwebdesigner.it/texture-photoshop/raccolta-di-mud-texture-photoshop-25027.html

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Un'architettura "scritta"

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Rieccomi, assenza lunga dovuta al riorganizzare tutto; lavoro, burocrazia, passioni, interessi etc. in una terra nuova: l'Olanda.
E bisogna dire che non è stato facile avere spunti creativi in questo lungo inverno nordico, gelido e grigio, spesso mi nasceva una voglia sana e prepotente di colore.
Praticamente ho passato mesi intrappolata in questi colori grigi, ed ora che comincio ad abituarmi all'idea, analizzo tutto ciò che mi circonda in maniera più critica.
Giorni fa notavo con un interesse diverso, la solita grande scritta su di un edificio pubblico, ed è iniziato quasi per gioco un processo di analisi nella mia mente, scritte, marchi, loghi etc. che da sempre accompagnano l'architettura: l'archigrafia (architettura e grafia).
In effetti il primo edificio che mi è venuto in mente è stato Il "Bauhaus", la scuola tedesca di design, architettura ed arte attiva tra il 1919 e il '43.
L'enorme scritta che occupa quasi tutta l'altezza dell'edificio, caratterizza quest'opera-icona.

© J. Pohl
 
Lo stile tipografico utilizzato per gran parte delle scritte e pubblicazioni del Bauhaus, è da attribuire al grafico-designer Herbert Bayer.
Lui identificò e creò uno stile adatto al design di quell'epoca, e molti grafici presero spunto in seguito.



Sono vari gli edifici emblematici che mi sono venuti in mente, in Italia chi non ricorda il "Lingotto" di Torino? Progettato nel 1915, l'edificio ha subito nel tempo numerosi ampliamenti e trasformazioni, ma la scritta è rimasta un simbolo. Grandi lettere colorate disposte lungo il corpo dell'edificio, ne testimoniano la grandezza e l'importanza che ha avuto in quei tempi.




Un altro edificio cult che mi sembrava giusto ricordare è il negozio della "Olivetti", progettato dal grande Carlo Scarpa nel 1958.
La scritta come un bassorilievo emerge dalla texture del muro, a sottolinearne il marchio stesso del negozio.


© T. Brown



E proprio sulla grafica di Scarpa, due anni fa fu allestita a Treviso una mostra dedicata alla sua passione per la tipografia e per i caratteri.
È stata la prima mostra dedicata alla grafica e alle iscrizioni che il maestro inseriva nelle sue architetture.




Bisogna dire però che questa mania per le lettere non è partita dai primi del '900, già in tempi remoti molti manufatti recavano scritte per far intendere il tipo di lavoro che vi si svolgeva o per indicare semplicemente il nome della famiglia che risiedeva in esso.
Con il tempo la maggior parte delle iscrizioni sono state volute proprio come un segno architettonico, a sottolinenearne il contenuto, e musei, industrie, fiere, esposizioni, mostre etc. hanno dato man forte a quest'utilizzo.
E con il tempo le lettere sono diventate sempre più grandi, lettere giganti come sculture.

Alcuni esempi come quest'archigrafia in Germania.

© M. Widrig


Oppure questa scritta realizzata in ferro battuto a Brescia dall'arch. R. Fogazzi.




Ed ancora la scritta della Stazione di Plaus (Merano), progettata dallo studio Architekturbüro D3




Ma le scritte sono state utilizzate anche come enormi insegne su facciate minimaliste, come quella del MoMA (Museum of Modern Art) a New York.
La scritta domina come quella del Bauhaus, sul lato della facciata, ad indicarne un ingresso.
Una sorta di stendardo moderno.


Sempre per il MoMA altre scritte riportate su altre facciate del museo.





Da alcuni anni poi, è nata in varie metropoli  la tendenza di inserire scritte-simbolo enormi nei centri storici, che rimarcano il nome della città, o semplicemente un simbolo che la individua.
Le troviamo in Amsterdam, Barcellona, Taiwan, etc. che vantano le loro scritte in alcuni spazi scelti come punti strategici della città.

"I amsterdam" è la scritta icona della città di Amsterdam.
Ormai diventata simbolo, la stessa scritta la ritroviamo anche in comuni gadget per i turisti, o semplicemente su riviste e depliant.




La scritta "Barcino" in Barcellona, nel barrio gotico, è situata nei pressi delle antiche mura difensive romane.
È l'antico nome risalente alla fondazione cartaginese della città.

© L. Dzierzanowski

La grande scritta "Love" in Taipei, Taiwan.




E quando è l'intero edificio a riportare come una pelle una serie di scritte o lettere?
È il caso dell'Alphabet Building" in Amsterdam, dello studio MVRD, dedicato alle piccole e medie imprese creative che in Amsterdam hanno problemi a trovare spazi adeguati.
Ogni finestra contrassegnata da una lettera dell'alfabeto identifica uno spazio occupato da un'impresa, praticamente viene definito un incubatore di idee creative.




E se siete degli appassionati di scritte, lettere, loghi etc., vi lascio con  il Buchstaben Museum, il museo delle lettere di Berlino che fa al caso vostro.
Ospita scritte, insegne e loghi che sono stati icone un tempo.




Una mia nota personale sulle scritte in architettura:
credo che una scritta su di un edificio abbia una responsabilità estetica.
Bisogna saper inserire con una certa sensibilità un'iscrizione, è parte del progetto, non può essere considerata solo un'aggiunta.
E nel caso si tratti di un intervento di ristrutturazione o restauro, allora il compito diviene maggiormente delicato. La storia ci accompagna con molti esempi di scritte inserite o poggiate su manufatti antichi. Realizzate in rame, ferro battuto, pietra, legno o materiali che ben si prestavano ad essere collocati sul manufatto antico, riuscivano ad amalgamarsi alla costruzione, rispettandola, e non deturpandola.
E credo che sarebbe molto interessante riuscire ad utilizzare questa stessa sensibilità oggi.

Anche la paglia è un materiale

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Sono attratta da materiali poco utilizzati, a volte chiamati "poveri", come questo.
Quando scrivo post del genere, cerco di capire l'utilizzo al giorno d'oggi di questo tipo di materiali e le loro caratteristiche principali.
Qui in Olanda mi capita spesso di vedere la paglia utilizzata per ricoprire i tetti, un po' per mantenere un'antica tradizione locale, un po' per isolarli in modo ecologico.
La paglia è un buon isolante acustico e termico, è durevole nel tempo ed è eco-compatibile. Sono molte le costruzioni che in parte o del tutto vengono realizzate con questo materiale. Certo non è solo qui in Olanda che viene utilizzato, ma mi hanno incuriosito le molte ristrutturazioni che ho visto di recente nelle campagne olandesi, o edifici nuovi, per i quali gli architetti hanno preso ad esempio tipologie e materiali costruttivi tradizionali.


Questa costruzione a Zoetermeer nei Paesi Bassi è una rivisitazione in chiave odierna dello stile delle case tradizionali olandesi. Disegnata dall'architetto Arjen Reas, è immersa in una zona rurale, rispettandone il contesto, infatti l'architetto ha utilizzato la paglia per rivestire gran parte dell'esterno, non solo per il tetto come si faceva tradizionalmente, creando così un gioco di equilibrio tra materiali locali tradizionali e materiali moderni.



photo © Kees Hageman-Arjen Reas




"Groote Scheere" di Bureau B+B, nell'Overijssel in Olanda, è una tenuta di campagna organizzata con 9 costruzioni + 1 pilota per edilizia residenziale-agricola.
Ogni casa ha una tipologia unica e un nome proprio a seconda del sito che occupa e dell'elemento naturale che la marca, ad esempio la "Creek Villa" è attraversata da un torrente e ha il tetto che funge da ponte. In questa maniera sono state organizzate e denominate anche tutte le altre residenze: Reed, Field, Flood, Forest, Creek, Lane, Pond, Border e quella pilota Entrance. Lo stile costruttivo delle varie tipologie è simile, così da creare un unico complesso che si riconosca.
La forma ricorda un po' gli antichi fienili, i tetti sono ricoperti di paglia, ma in una maniera diversa, la paglia è stata inserita all'interno di un telaio in legno, così da risultare a filo con il bordo del telaio, creando un effetto più elegante, una maniera diversa e più consona agli schemi minimalistici odierni.
Inserito nel landscape olandese, questo complesso è una maniera nuova per rivalutare il settore rurale dei Paesi Bassi.




photo © Lard Buurman




Questo era proprio un vecchio fienile abbandonato. Ripreso e ristrutturato dagli architetti olandesi dello studio Arend Groenewegen per essere trasformato in un moderno studio-ufficio.
Il nuovo progetto ha rispettato sia la la struttura principale, migliorandone il basamento, sia il tetto, ricoprendolo con nuova paglia secondo le tecniche costruttive attuali. Gli architetti hanno adottato le lamelle per rivestire gran parte dell'edificio per avere una buona ventilazione.
Un progetto di riutilizzo nel rispetto del contesto rurale olandese.



photo © Arend Groenewegen Architect




Abbiamo anche esempi diversi, fuori dall'Olanda, come "Casa na Areia" a Gràndola, in Portogallo dell'architetto Aires Mateus, 4 casette di un vecchio villaggio di pescatori ricostruite con materiali tradizionali, come il legno, la paglia, etc.
La sabbia è parte dell'arredamento, ricoprendo il suolo in cucina e nel living.





photo © Nelson Garrido




E chiudo con un altro esempio fuori dall'Olanda, il "Community Market", a Yusuhara in Giappone, un edificio che racchiude un mercato per prodotti locali ed un piccolo hotel con 16 camere.
Realizzato dall'architetto Kengo Kuma, è in parte rivestito in facciata da blocchi di paglia per isolarlo dalle infiltrazioni di acqua, vista la gran quantità di precipitazioni che spesso si riversano nella zona. I blocchi sono montati su perni di legno, in modo tale da poter ruotare ed assicurarne la ventilazione.



© Photo Takumi Ota, Kengo Kuma & Associate

Repliche in Architettura

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Ebbene sì, anche gli architetti replicano le loro opere.
Non conosco il motivo, ma posso immaginare che magari in quel progetto da loro ripetuto vedono l'idea vincente.
Il problema però, è quando una stessa struttura viene inserita in contesti diversi, cosa che non posso fare a meno di notare poco professionale. Ho osservato in tanti anni che spesso un progetto viene ripetuto in un altro luogo, attribuendogli anche una funzione diversa da quella iniziale.
Molte volte è lo stesso architetto a ripetere l'opera a distanza di anni. Situazione facilmente criticabile per ciò che riguarda non solo la contestualizzazione del progetto che non viene rispettata, ma l'opera stessa, svilendo la funzione e gli spazi che ne scaturiscono.
Non voglio assolutamente fare critica architettonica, ma i principi fondamentali sui quali nasce e vive un progetto dovrebbero essere chiari a tutti noi architetti. È inutile ricordare i principi ed i canoni dell'architettura, ripetuti così tante volte nel tempo dai grandi maestri, se poi quando c'è l'occasione si fa ben altro che applicarli.
Attribuisco un senso diverso ai dettagli architettonici che vengono ripetuti nel tempo.
Spesso c'è una precisa volontà di riprendere determinati elementi, in questo caso forse potremmo dargli una valenza storico-culturale, una ricerca del particolare che viene enfatizzato, o semplicemente reinterpretato nel proprio progetto omaggiando l'opera rivisitata.
La storia ci insegna che dettagli di Scarpa, Aalto, Wright, e altri maestri molte volte sono stati ripresi e rielaborati. In effetti, anche questi grandi maestri del passato a loro volta si influenzavano a vicenda nei loro progetti.
Sono vari gli esempi che potrei illustrare, ma mi limiterò solo ad alcuni.

Iniziando con la replica architettonica, un esempio a mio avviso criticabile è quello che riguarda le due opere dell'architetto Félix Candela, "Los Manantiales" costruito in Messico nel 1968, e "l'Oceanográfic" realizzato a Valencia (Spagna), nel 1994.
Due opere quasi identiche ed in questo caso anche con la stessa funzione (un ristorante), ma in un contesto completamente diverso.

Los Manantiales_Mexico
Photo via http://www.deutsches-museum.de/presse/presse-2011/felix-candela/

Oceanográfic_Valencia, Spagna

Naturalmente, viene da pensare che, essendo lo stesso architetto il progettista delle due opere, può risultare tollerabile la copia, soprattutto se la funzione contenitrice viene ripetuta.
Ma non credo che l'architettura si debba replicare in toto: non ha senso ripetere un'opera intera la quale viene ospitata anche in un diverso luogo.


Una sorte particolare è capitata alla gran parte dell'operato di Le Corbusier, imitato più volte nel resto del mondo. Un esempio di evocazione è la "Cappella di Notre Dame de Ronchamp", che è stata ripresa nella "Chiesa del Crocifisso" progettata da Costas Machlouzarides ad Harlem (New York) nel 1966.

Notre Dame du Haut_ Ronchamp, Francia
Photo © Alamy

Chiesa del Crocefisso_ Harlem, New York
Photo via harlembespoke.blogspot.com

In questo link (Stealing Beauty) potete leggere le tante copie che si sono fatte nel corso della storia, proprio delle opere di Le Corbusier.
È comunque una strana tendenza quella della copia, che sta avanzando in questi ultimi anni. Ho trovato una manciata di progetti praticamente uguali in questa pagina di Ark Inu con una Top 10.


Riguardo ai dettagli e ai particolari costruttivi,come dicevo prima, il concetto è un po' diverso.
Alvar Aalto, ad esempio, ha ripetuto la linea dei suoi lucernari sia nella libreria accademica "Akateeminen Kirjakauppa" a Helsinki (Finlandia) nel 1969, sia nella chiesa di "S.Maria Assunta" a Riola di Vergato in Italia nel 1975.

Akateeminen Kirjakauppa_Helsinki, Finlandia
Photo © Moleskine arcquitectonico

Chiesa S.Maria Assunta_ Riola di Vergato, Italia
Photo © Giacomo Beccari 


Un certo richiamo ai lucernari di Aalto l'ho notato anche nei lucernari del Parlamento Scozzese, disegnati da Miralles dello studio EMBT, in questo caso una reinterpretazione-omaggio da parte di un altro architetto.



Altri richiami di Miralles si notano nelle finestre dell'"Università di Vigo", che si ispirano alla "Esherick House" di Louis Kahn del 1959.

Università di Vigo_Spagna
Photo © EMBT studio

Esherick House_Philadelphia, Pennsylvania
Photo via http://www.dezeen.com/2008/04/03/esherick-house-by-louis-kahn/


Chiudo questo post con un caso particolare, dove un'architettura viene costruita per poi essere demolita e nuovamente ricostruita in uno spazio vicino a quello iniziale.
È il caso polemico della "Galeria Leme" progettata da Paulo Mendes da Rocha nel 2004 in Brasile, demolita nel 2011 per far spazio ad un edificio per uffici, e ricostruita a pochi metri di distanza. A voi le riflessioni…

Galeria Leme (primo progetto)_Brasile 

Galeria Leme (nuovo progetto)_Brasile

Un'architettura schizzata

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Questa volta voglio parlarvi degli schizzi, gli sketch o esquisse, ed era da tempo che volevo farne un post.
Ho sempre dato molta importanza allo schizzo a mano libera, sia esso architettonico, artistico, di studio, o visto come semplice annotazione veloce, o bozzetto.
Lo schizzo lo vedo fondamentale per riuscire a percepire dall'inizio un'opera, un progetto e per un viaggiatore è un modo per poter annotare rapidamente ciò che vede.

Negli ultimi anni però ho notato che lo schizzo è andato sempre più perdendosi come impulso grafico, nonostante sia uno strumento di studio preparatorio, di base, che accompagna l'autore nelle varie scelte progettuali e artistiche.

Molteplici sono le tecniche utilizzate finora. Sbirciando nel passato notiamo tecniche come quella del carboncino, della sanguigna, della china e della vecchia grafite che sono divenute sempre più inusuali, dando maggior spazio e preferenza ad acquerelli, matite, pennarelli, inchiostri vari, penne e quant'altro si ha a disposizione; in generale i supporti utilizzati sono stati quasi sempre quelli cartacei.

© Susy Di Monaco 2014


È complicato fare un discorso temporale, perchè la maggior parte degli schizzi sono andati persi o si sono deteriorati nel tempo, ma fortunatamente ne abbiamo alcuni pervenutici dal passato, come ad esempio quelli di Leonardo da Vinci, autore di molteplici schizzi sia di architettura che di arte, medicina, astrologia, botanica e quant'altro, la maggior parte eseguiti con matite, carboncino o sanguigna.
Questo, ad esempio è un suo schizzo-studio prospettico di strade ed edifici su due livelli; è la citta ideale che Leonardo ha immaginato per Ludovico il Moro: Sforzinda.

© Leonardo da Vinci (ca. 1490) Schizzo prospettico di edificio e di strade su due livelli
Institut de France-Paris- Ms. B, f. 16r, particolare



Mentre quest'altro schizzo è di Dosio, autore anche lui di numerosi disegni. Qui è raffigurato uno spaccato assonometrico per il Pantheon, a quei tempi chiamato la Ridona.


© schizzo G. A. Dosio (ca. 1533) Roma antica e i disegni di architettura agli 
Uffizi, Officina, 1976. via Arch'it


Quello che si nota negli schizzi del passato è soprattutto l'attenzione dedicata ai dettagli, i quali erano fondamentali e venivano resi minuziosamente, a volte con una precisione incredibile, tale da farli divenire autentici disegni basici progettuali. Basta vedere quanti capitelli, frontoni, e altri dettagli architettonici venivano rappresentati con tutte le indicazioni e misure necessarie per cominciare un lavoro.

Lo schizzo è sempre servito ad esprimere l'idea che si è avuta in quel momento, è un gesto rapido, veloce, un'idea che si concretizza su carta, è un segno che viene in seguito rielaborato, ripassandoci su, rimarcando ed evidenziando le linee di forza dell'idea.
Quando si schizza a mano, la mente è concentrata nel tratto che sta tracciando, è una concentrazione diversa dal tratto di linea digitale che oggi siamo abituati a segnare con il mouse e la tastiera.
Nel passato era facile notare un architetto, un artista, un viaggiatore con il suo taccuino per gli schizzi, o come si dice alla francese, il carnet d'esquisses o de croquis.
Era piacevole poter schizzare e prendere appunti su di un taccuino, ci si prendeva il tempo per tracciare su carta i propri pensieri, le proprie idee.

Con il passare del tempo lo schizzo si è evoluto stilisticamente, perdendo la precisione nei particolari.
Graficamente è divenuto sempre più "pulito", più semplice, con uno studio più stilizzato e meno ricercato dei dettagli, ciò anche a causa di un cambio della linea architettonica-artistica, che con il tempo ha razionalizzato sempre di più i particolari e i dettagli estetici.
Sono davvero tanti gli autori che vi vorrei illustrare, ma mi limito ad evidenziarne solo alcuni. Non posso non menzionare Cattaneo e Terragni, che con i loro schizzi hanno contribuito alla storia dell´architettura.

Questo schizzo è di Cesare Cattaneo, uno schizzo-studio per una fontana a Como, realizzato con matita su carta.

© schizzo Cesare Cattaneo - (ACC Cernobbio) (1937-'38)


Un altro schizzo, sempre di Cattaneo, per la Scuola di Ebanisteria, realizzato con matita su carta.

© schizzo Cesare Cattaneo - Scuola di Ebanisteria - (ACC Cernobbio) (1933)


Schizzi di Terragni per il Palazzo dei Congressi a Roma

© schizzi Giuseppe Terragni (1937)


Tralasciando alcuni anni, continuo postando una carrellata degli anni '60-'80, illustrandovi schizzi di alcuni architetti che hanno tracciato una sorta di percorso, fino ad arrivare a qualche autore contemporaneo.
Inizio questo discorso con Carlo Scarpa, autore di vari schizzi-studio progettuali. Di seguito un suo schizzo per la pianta dell’area di esposizione della statua di Cangrande in Castelvecchio, realizzato con grafite, carboncino e pastello blu su carta da schizzo.
Si notano spesso nei suoi disegni calcoli di dettagli costruttivi e annotazioni che accompagnano i vari elementi.

© schizzo di Carlo Scarpa - Museo di Castelvecchio, Verona (1961-1964)Archivio Carlo Scarpa


Ancora schizzi di Scarpa, ma questa volta su pacchetti di sigarette. Evidentemente per Scarpa il pacchetto di sigarette diventava in alcuni momenti una sorta di taccuino per appunti, e ciò dimostra che quando un architetto vuole fare uno schizzo progettuale, è capace di disegnare su qualsiasi supporto.
Schizzi inediti esposti alla Fondazione MAXXI di Roma.


© schizzi di Carlo Scarpa - Fondazione MAXXI
via archinfo


Un altro architetto che ci ha lasciato numerosi schizzi è Aldo Rossi. La dominante dei suoi schizzi è il colore forte, i contrasti e le ombre che ha sempre utilizzato per evidenziare la linea dei suoi progetti.
Ecco un suo schizzo per il portale d'ingresso alla Mostra di Architettura della Biennale a Venezia.

© schizzo di Aldo Rossi - Venezia (1980)
Fondazione Aldo Rossi


Altro schizzo di Aldo Rossi, uno schizzo per le case di Mozzo a Bergamo, realizzato con biro e matite colorate su carta.

© schizzo di Aldo Rossi - Le case di Mozzo, Bergamo (1979-1980)
Eredi Aldo Rossi


Ancora uno schizzo di Aldo Rossi, ma con Carlo Aymonino per il loro amico Francesco Moschini, realizzato con penna e inchiostro a spirito su carta.
È piacevole e inusuale vedere uno schizzo realizzato contemporaneamnete da due autori, con due differenti stili, ed in questo caso sono vari gli schizzi che questi due colleghi hanno disegnato insieme.

© schizzo di Aldo Rossi e Carlo Aymonino - "…A Francesco (Moschini)" (1986)
Eredi Aldo Rossi-Eredi Carlo Aymonino
via A.A.M. Galleria Architettura Arte Moderna


Altri due schizzi di Carlo Aymonino per il complesso abitativo Monte Amiata

© schizzo di Carlo Aymonino - Complesso abitativo "Monte Amiata" - Quartiere Gallaratese, Milano (1967-1972)


Il seguente, è realizzato con matita e pennarelli su carta lucida

 © schizzo diCarlo Aymonino (1968)


Di seguito, schizzi di Vico Magistretti. È un segno rapido quello che si nota nei suoi schizzi, questi due sono per il municipio di Cusano Milanino.



© schizzi di Vico Magistretti - Fondazione Vico Magistretti (1966-69)


E, sempre di Magistretti, questo schizzo per lo Showroom Cassina

© schizzo di Vico Magistretti - Fondazione Vico Magistretti - Milano (1979)


E quest'altro per la Chiesa di Santa Maria Nascente al quartiere QT8

© schizzo di Vico Magistretti - Fondazione Vico Magistretti
via fondazionevicocomagistretti


Uno schizzo di Konstantinos Maratheftis, per l'ufficio degli architetti Maratheftis.
Si nota come l'utilizzo delle ombre in questo schizzo marca in maniera decisa il segno progettuale.

© Konstantinos Maratheftis (1994)


Di seguito, schizzi di Renzo Piano. Apprezzo molto il suo stile chiaro, si riesce a percepire facilmente dai suoi schizzi quali sono gli elementi strutturali del progetto e l'idea in sé.
Questo schizzo è per il Jean-Marie Tjibaou Cultural Center, in Nuova Caledonia.


© schizzo di Renzo Piano - Jean-Marie Tjibaou Cultural Center - Nuova Caledonia (1991-1998)


Altro schizzo di Piano, ma per il Menil Collection a Houston, negli Stati Uniti.
Deve trattarsi di uno schizzo-studio che illustra la riflessione della luce sui pannelli della struttura di copertura.

©schizzo di  Renzo Piano - Menil Collection, Houston (1982-1987)
via fondazionerenzopiano


Quest'altro schizzo è di Steven Holl, per l'Archivio di Francesco Moschini, realizzato con carboncino e acquarelli su carta.

© schizzo di Steven Holl - via collezionestevenholl


Questo schizzo è invece dell'architetto norvegese Sverre Fehn, per la nuova sede Gyldendal Publishers in Oslo. Si nota il tratto veloce ed essenziale con il quale l'architetto ha tracciato lo schizzo.

© schizzo di Sverre Fehn (2007)
via architecturenorway


Ultimi schizzi, questi sono degli architetti irlandesi O’Donnell + Tuomey.
Schizzo preliminare per il Padiglione irlandese alla Biennale di Venezia del 2004.


© schizzo di O'Donnell + Tuomey (2004)


Sempre degli architetti irlandesi, uno schizzo, anzi un concept sketch per An Gaeláras, un centro culturale per la lingua irlandese, arte e cultura nel centro storico di Derry.

© schizzo di O'Donnell + Tuomey (2008)
via O’Donnell + Tuomey


E concludo con delle mie considerazioni: credo che il punto debole dello schizzo in questi ultimi anni sia stato la tendenza a realizzare schizzi digitali al computer o con tavolette grafiche e penne digitali, aiutandosi spesso con programmi di render per ottenere vedute prospettiche con risultati incredibili, ma bisogna ammettere che la sensazione che regala uno schizzo fatto a mano buttato giù su di un pezzo di carta è di tutt'altra natura.
Non escludo lo schizzo digitale, ma cerco di cogliere la bellezza e la sensibilità che c'è dietro uno schizzo fatto a mano, apprezzando sempre lo schizzo come fonte di ispirazione, nato da linee e scarabocchi di studio.

Ammiro molto, ad esempio, gli urban sketchers, disegnatori che se ne vanno in giro per il mondo a catturare stralci di vita quotidiana, piazze, monumenti, e tutto ciò che gli fa venir voglia di prendere matite ed acquerelli, ed iniziare a schizzare. Vi lascio un link sugli Urban Sketchers
Interessante anche l'iniziativa da parte di Moleskine  per "La mano degli Architetti".


© Moleskine

Prossima fermata: green bus stop

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Quante volte mi è capitato, seduta ad un bus-stop, di pensare, cercando di vincere la noia dell'attesa, a pensiline, sedute, paline, pannelli, e sulle loro possibili migliori soluzioni.
Sono davvero tanti i bus-stop al mondo e ne esistono di diversi tipi, alcuni sono davvero stravaganti ed ecclettici, per non dire inguardabili, e la maggior parte vengono utilizzati soprattutto per scopi pubblicitari, ma la mia attenzione si è posata sui GREEN bus-stop, o bus stop ecologici.
Ma innanzitutto chiariamo cos'è un bus stop. Praticamente è la semplice fermata di autobus, quindi un arredo urbano, e visto che negli ultimi anni le problematiche green si fanno sempre più sentire, avere  bus stop a favore della natura e del benessere dei cittadini non è da poco.
Devo dire però che non ho trovato molto materiale al riguardo, evidentemente i green bus stop non fanno ancora parte di quelle problematiche prioritarie nelle nostre città ormai inquinate.
Ve ne segnalerò alcuni, giusto per darvi almeno un'idea di come saranno i bus stop green del futuro.
Ed ora a bordo, si parte con prossima fermata: green bus-stop!

1ª Fermata: "EyeStop"


Un bus-stop progettato per la città di Firenze da un gruppo di ricercatori sotto la direzione di Carlo Ratti del SENSEable City Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology).
EyeStop è una nuova maniera di intendere la classica pensilina della fermata.
È dotato di pannelli touch-screen interattivi alimentati da energia solare, sui quali si possono visualizzare le mappe della città, l'orario dei bus, la posizione esatta ed il percorso più breve per la destinazione scelta. 
Inoltre è dotato anche di Wi-Fi, luci a led, display con sensori per l'inquinamento ed interfaccia per i dispositivi mobili, così come un pannello per pubblicare annunci.
Insomma un bus-stop innovativo, dal design semplice ed al tempo stesso green, un'ispirazione ai prossimi bus stop del futuro.



photo SENSEable City Lab



2ª Fermata: "Stop Solar"



Disegnato da Jae Pyung Lee, è un altro bus-stop innovativo ed ecologico. È dotato di illuminazione stradale, indicatori led, distributore di acqua automatico, stazione di ricarica e Wi-Fi.
Dotato anche di sediolini e ripiani di appoggio che si possono utilizzare all'occorrenza.



 photo Jae Pyung Lee



3ª Fermata: "Vegetal bus stop"



Questo bus-stop dei designer francesi Florent Prat è praticamente una pensilina autoportante vegetale. Dotata di seduta con riciclo d'acqua piovana, luci led e muro vegetale per l'arredo urbano.
È la pensilina stessa curvata che ha duplice funzione, di seduta e copertura vegetale che contribuisce al decoro cittadino.


via http://www.designboom.com/project/vegetal-bus-stop/



4ª ed ultima Fermata: "The Urban Field Farm Stop".



Questa è un'idea dei "BCV Architects", un modo diverso di concepire un bus-stop ecologico, in questo caso non è tanto la struttura a richiamare l'attenzione, ma è il concetto di fermata dello stesso bus, inteso come spazio green per vendere prodotti agricoli.
Una farm-stop alla fermata del bus, un collegamento tra la rete di circolazione dei bus ed i mercati agricoli della città.
Di sicuro una novità che riesce a soddisfare sia la necessità di avere prodotti agricoli a km zero, sia quella di avere una rete di bus che riesce ad interagire con queste farm-bus stop.

photo BCV Architects

Ombre

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Ombre architettoniche; proiettate, portate, generate da volumi che si intersecano, da volumi aggettanti o rientranti.
Un'architettura che genera ombra, e l'ombra stessa ne determina l'effetto finale.
Se ne possono generare infiniti di effetti, non solo come fine estetico-scenico, ma come risultato di uno studio ormai desueto: quello del soleggiamento.
Le ombre hanno sempre avuto un ruolo fondamentale per la riuscita di una buona architettura; esaltando strutture, evidenziandone volumi, facendo percepire rientranze, passaggi, coperture, dimensioni volumetriche.
Le ombre fanno parte del progettare, le ombre si progettano e si studiano.
In questo post mi fa piacere rimarcare il segno e l'importanza che le ombre così come la luce lasciano in architettura.

Nelle rappresentazioni grafiche degli architetti del Bauhaus, spesso le ombre venivano sperimentate,  proprio per poter studiarne meglio i volumi, ed apportare in seguito le giuste modifiche.



Alcuni effetti interessanti si possono notare in queste foto che ho inserito di seguito.

Ombra continua: le ombre creano un effetto ottico di linea continua, la struttura sembra continuare a terra, creando una linea continua chiusa.

Copyright © photo Diego Speri.


Effetto simile anche in questa "Bell-Lloc Winery", dello studio spagnolo Aranda Pigem Vilalta (RCR).
In questo caso però l' effetto è inverso, non ombre proiettate, ma tagli di luce che dallo spazio esterno entrano nel buio della vineria sotterranea.

"Bodegues Bell-lloc Palamós, Girona (Spain)"
RCR Arquitectes Copyright © photo



Caso di ombra proiettata in uno spazio: qui le ombre entrano attraverso una vetrata posta ad angolo acuto, creando un gioco di intersezioni, sono ombre proiettate dai montanti delle vetrate che si intrecciano a formare un reticolato.

Copyright © photo Philipp Klinger
via http://www.artchipel.com/tagged/Philipp_Klinger


Di nuovo ombre proiettate, ma dall'alto. Ombre che provengono dalla nuova struttura realizzata per il vecchio anfiteatro campano di S.Maria C.V..
Linee d'ombra che accompagnano il fruitore, ombre proiettate che evidenziano il passaggio e che invogliano a percorrerne il corridoio.

"Ancient Capua. in the amphitheater of Spartacus"
Copyright © photo Francesco Campanile
http://www.premioceleste.it/opera/ido:131287/



Ombre di volumi rientranti
In questa foto di Lucien Hervé, le ombre rafforzano lo spazio rientrante dei volumi, evidenziando in questo modo la struttura, illuminata dalla luce e la profondità degli spazi.

"Villa Shodan à Ahmedabad, 1955"
Copyright © photo Lucien Hervé

via http://lucienherve.com/40046-herve09.html



Altro effetto simile di ombra si può notare in questa foto del Secrétariat di Le Corbusier.
Setti studiati con un angolo particolare, per ottenere una duplice funzione; quella di bloccare l'eccessiva luce solare estiva e permettere, invece, di far entrare la luce bassa del sole invernale.

via http://www.pinterest.com/pin/399553798160718334/


...e vi lascio con una citazione di Kahn:
"Ma oggi gli architetti, nel progettare gli spazi, hanno dimenticato la loro fede nella luce naturale, abituati dalla facilità con cui un dito tocca un interruttore, si accontentano della luce immobile e dimenticano le infinite doti della luce naturale".
- Louis.I.Kahn
 

Norwegian Architecture

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Questo post è un ringraziamento speciale per i visitatori norvegesi del blog, visitatori che ho notato in maggioranza, e mi sembrava carino dedicar loro qualche riga.
Devo dire che l'architettura nordica mi ha sempre attirato, e pensare di redarre un post sull'architettura norvegese mi ha coinvolta da subito.
I norvegesi hanno un gran rispetto verso la natura ed il paesaggio, e la loro architettura si inserisce in maniera particolare nel contesto naturale.

This post is a special thanksgiving to the Norwegian visitors of the blog, as I noticed that they are the majority of visitors and it seemed nice to dedicate them a few lines. I must say that the Nordic architecture always attracted me, and thinking about writing a post on the Norwegian architecture immediately involved me.
The Norwegians have a great respect for nature and the landscape and their architecture fits in a particular way in the natural context.



Ho scelto solo alcuni progetti, giusto per mettere in evidenza alcuni aspetti che ho notato ripetersi nell'architettura norvegese, e mi pare giusto condividere con voi queste mie considerazioni personali.
I chose only a few projects, just to highlight a few issues that I noticed repeated in the Norwegian architecture, and I think it right to share with you these personal considerations of mine.

Partendo dai volumi, ho notato che nella maggior parte dei casi essi sembrano spezzarsi ed aprirsi secondo una rotazione.
Le forme dei loro edifici appaiono in alcuni casi spigolose, con utilizzo di forme triangolari e linee diagonali, in altri casi sono sinuose e curve.
Sembra una contraddizione, invece è frutto di uno studio sulle condizioni climatiche, ad esempio a volte si trovano tagli diagonali delle coperture o, sul perimetro dei volumi, gli edifici sembrano avere delle pieghe come degli origami, soluzioni che servono per contrastare il forte vento o la neve.
Oppure si vedono tagli diagonali alle entrate di edifici, sempre per risolvere il probema dell'accumulo di neve.
Starting from the volumes, I noticed that in most cases, they appear to break and open up following a rotation.
The shapes of their buildings in some cases look spiky, with a diffuse use of triangular shapes and diagonal lines, in other cases they are sinuous and curved.
It looks like a contraddiction, there is a study about the weather conditions though, like some diagonal cuts of the rooftops or, on the perimeter of the volumes, the buildings seem to have folds like origamis, solutions that counter the strong wind or snow.
Or you see diagonal cuts at the building entrances, again to solve the snow accumulation problem.


Un altro aspetto interessante è la scelta della posizione delle aperture, delle finestre e delle grandi vetrate.
Si nota uno studio particolare soprattutto per le soluzioni d'angolo, sia in edilizia pubblica che residenziale e privata.
Le finestre o vetrate sembrano svuotare l'angolo, creando una vista in profondità, una vista prospettica sull'esterno, una soluzione da palcoscenico: chi è dentro vede lo spazio esterno.
La sensazione che ho avuto è come un taglio in angolo, una sforbiciata all'edificio per rompere con la chiusura ermetica ed incorniciare ciò che è fuori.
Altri tipi di vetrate sono quelle collocate nelle pendenze dei tetti, studiate con l'inclinazione giusta per favorire l'entrata della luce.
Another interesting aspect is the choice of the position of the openings of windows.
It is noticeable a special study for corner solutions, both in private residential and public buildings.
Windows seem to empty the angle, creating a view in depth, a perspective on the outside, a stage solution: he who is inside sees the outer space.
The feeling I had was like a cut in the corner, a scissor kick to the building to break its tight sealing and frame what is outside.
Other types of windows are those located in the slope of the roofs, designed with the right inclination to favor the entrance of light.



Spesso alcuni dei punti che ho descritto li ho ritrovati anche in altre architetture scandinave, come a voler affermare una linea comune nell'architettura nordica.
Sembra infatti un aspetto comune l'uso di finestre in angolo, l'utilizzo del legno e del vetro, le forme sinuose contrastate da quelle spigolose, etc.
Often I found some of the points that I described in other Scandinavian architectures, as if to assert a common line for the Nordic architecture.
It seems a common feature the use of windows in the corner, the use of woodand glass, the sinuous forms matched with angular ones, etc.



Un aspetto da considerare anche per capire gran parte dell'operato norvegese, è la loro attività principale: la pesca. Ritroviamo infatti molti interventi di ristrutturazione e sostituzione di vecchi capanni di pescatori, boat-house e darsene.
Il legno di pino è il materiale più utilizzato, il legno delle loro foreste, anche se ultimamente un'azienda di Oslo ha trovato un legno "ecosostenibile" per frenare la deforestazione.
One more aspect to consider in order to understand much of the Norwegian work, is their main business: fishing. We find in fact many renovations and replacements of old fishing huts, boathouses and docks.
The pine wood is the most common material, the wood of their forests, although lately a company from Oslo found a "sustainable" wood to curb deforestation down.


Un esempio di boathouse è il "Naust paa Aure", degli architetti TYIN Tegnestue.
Era una vecchia darsena, un rifugio sul mare, e serviva per la pesca, ma il proprietario, visto il cattivo stato, ha deciso di abbatterla per farla ricostruire, riciclando qualche materiale originale per la nuova costruzione.
An example of a boathouse is "Naust paa Aure", from the architects TYIN Tegnestue.
It was an old dock, a retreat of the sea, and was used for fishing, but the owner, given its poor state, decided to demolish it in order to rebuild it, recycling some original material for the new building.



I vecchi materiali della darsena sono stati riutilizzati ed inseriti, ad esempio, nelle pareti interne.
The old dock materials were reused and included, for instance, in the inner walls.


Photo copyright © Pasi Aalto
via http://www.tyinarchitects.com/works/naust-paa-aure/npa-projectdescription/



Tra altri tipi di ristrutturazioni, vi mostro il recupero di un vecchio fienile-fattoria, "Farm House", riadattato a rifugio, ereditato da una coppia di storici con figli.
La ristrutturazione è stata realizzata dagli architetti Jarmund/Vigsnaes. Era una vecchia fattoria sul lago Mjøsa a Toten, il fienile è stato completamente eliminato, perchè ormai la struttura era fatiscente, ed il legno è stato in parte riutilizzato per il rivestimento della nuova struttura.
Le finestre nel nuovo rifugio hanno una soluzione continua su tutto il perimetro, per garantire luce e una visione a 360º del paesaggio circostante.
Among other types of renovations, I show the recovery of an old barn-farm, "Farm House", converted into a shelter, inherited by a couple of historians with their children.
The renovation was carried out by architects Jarmund/Vigsnaes. It was an old farmhouse on lake Mjøsa in Toten, the barn was completely eliminated, because the structure was crumbling down, and the wood was partially re-used for the coating of the new structure.
The windows in the new shelter have a continuous solution around the whole perimeter, to ensure light and a 360º view of the surrounding landscape.



Photo copyright © Nils Petter Dale JVA


Inserisco di seguito altre strutture che spesso si notano nel landscape norvegese: rifugi in montagna, rifugi vicino ai laghi, cabins, oppure hotel inseriti nel paesaggio.
I also show the following facilities that often are noticed in the Norwegian landscape: mountain lodges, shelters near the lakes, cabins, or hotels embedded within the landscape.

"Split View Mountain Lodge", di Reiulf Ramstad Arkitekter, è un rifugio per vacanze invernali progettato per una famiglia nella località sciistica di Geilo.
È una struttura particolare, con un corpo che si divide in zona notte e zona giorno, si può notare come i volumi sembrano aprirsi ruotando attorno ad un punto.
"Split View Mountain Lodge", by Reiulf Ramstad Arkitekter, is a shelter for winter holidays designed for a family in the ski resort of Geilo.
It is a particular structure, with a body that is divided into a sleeping and a living area, and you can see that the volumes seem to open by rotating around a point.




I grandi finestroni sottolineano l'idea di un rifugio-belvedere panoramico.
La struttura è interamente rivestita in legno di pino naturale del luogo.
The large windows underline the idea of a panoramic refuge.
The structure is entirely covered with natural pine wood from the place.



Photo copyright © Reiulf Ramstad Architects, Søren Nielsen Harder


"Juvet Landscape Hotel" (JSA), degli architetti Jensen & Skodvin Architects, è un hotel costruito ad Alesund, nel Nord Ovest della Norvegia.
Un hotel immerso completamente nel landscape naturale, composto da sette volumi che ospitano le stanze, ogni stanza ha un orientamento diverso, un punto di vista differente: sulle montagne, sul bosco, sul fiume, etc. Le camere sono state progettate per far sentire le persone a contatto con la natura, ad esempio nelle camere da letto si può sentire il rumore dello scorrere del fiume grazie a delle apposite aperture accanto al letto. Gli interni sono abbastanza semplici e minimalisti.
"Juvet Landscape Hotel" (JSA), by Jensen & Skodvin Architects, is a hotel built in Alesund, in the North West of Norway.
A hotel completely immersed in the natural landscape, consisting of seven volumes hosting the guest rooms, each room with a different orientation, a different point of view: towards the mountains, towards the forest, towards the river, etc. The rooms are designed to make people feel in touch with nature, for example in the bedrooms you can hear the noise of the flowing river through expressly made openings beside the bed. The interiors are quite simple and minimalist.




Photo copyright © Jensen & Skodvin Architects


"Cabin at Norderhov", di Atelier Oslo, è un rifugio che affaccia sul lago Steinsfjorden.
Con una pianta a croce che agisce come frangivento, è rivestito in legno e dotato di grandi vetrate orientate verso il lago.
"Cabin at Norderhov", by Atelier Oslo, is a shelter overlooking the lake Steinsfjorden.
With a crossed plan that acts as a windbreak, it is covered with wood and fitted with large windows onto the lake.




Photo copyright © Atelier Oslo, Lars Petter Pettersen
via http://architizer.com/projects/cabin-at-norderhov/



"Square House Veierland" in Nøtterøy, dello studio Reiulf Ramstad Arkitekter, costruita nel 2011, è una sorta di rifugio-casa. A forma quadrata, è immerso in una grande pineta.
Rivestito in legno scuro, ospita al centro uno spazio come una corte, e i vari ambienti si affacciano su questo spazio interno.
"Square House Veierland" in Nøtterøy, by the studio Reiulf Ramstad Arkitekter, built in 2011, is a kind of shelter-house. With its squared shape, it is immersedin a large pine forest.
Clad in dark wood, the center hosts a space like a court, and the various rooms look down on this internal space.



Photo copyright © Reiulf Ramstad Architect


Un'altra opera di Reiulf Ramstad Arkitekter  è "Fagerborg Kindergarten".
È un asilo in Fagerborg, Oslo, studiato in modo che l'area di gioco dello spazio esterno, entri a far parte di un grande parco della città. La copertura con le vetrate nelle differenti pendenze e dislivelli, permette alla luce di entrare.
Another work of Reiulf Ramstad Arkitekter is "Fagerborg Kindergarten".
It is a kindergarten in Fagerborg, Oslo, designed so that the playing area of the outer space becomes part of a large city park. The cover with the windows with different slopes and gradients, allows light toenter.




Photo copyright © Reiulf Ramstad Architects,Thomas Bjørnflaten


Questo rifugio degli architetti Fantastic Norway, "Cabin Vardehaugen", sorge su un fiordo a Grøttingen sulla penisola di Fosen.
Il rifugio è stato sagomato per far fronte alle condizioni climatiche come il vento, la neve, etc.
Grazie a questo studio di geometria e clima sono stati ricavati spazi all'aperto come sedute, pedane, e atrio.
This shelter by architects Fantastic Norway, "Cabin Vardehaugen", is located on a fjord in Grøttingen, on the Fosen peninsula.
The shelter was shaped to meet the climatic conditions such as wind, snow, etc.
Thanks to this study of geometry and climate, open spaces such as seats, footrests, and atrium were obtained.




Photo copyright © Fantastic Norway/Håkon & Haffner


E proprio questi architetti "Fantastic Norway" sono un gruppo dinamico ed originale, che a bordo del loro caravan rosso, con il quale viaggiano, comunicano l'architettura alle persone, utilizzando il caravan come piattaforma mobile per incontri di architettura, workshop, dibattiti, etc. Insomma, di sicuro un modo insolito per coinvolgere le persone all'architettura.
And these architects "Fantastic Norway" are a dynamic and original group, who on board of their red caravan, with which they travel, communicates the architecture to people, using the caravan as a mobile platform for meetings of architecture, workshops, debates, etc. I mean, certainly an unusual way to engage people with architecture.


E vi lascio con il loro motto:
"Ogni città è diversa; ogni luogo è in qualche modo fantastico. Il nostro obiettivo è assorbire questo fatto e attraverso il dialogo trasformarlo in architettura".

And I leave you with their motto:
“Every town is different; every place is in some way fantastic. We aim to embrace this fact and through dialogue transform it into architecture”.

Affacciamoci!

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Affacciatevi, non dalle solite finestre, ma dai point to watch, dagli overlook, dai miradores e belvedere sparsi per il mondo.
Punti panoramici unici, che si espongono con strutture aggettanti incredibili nei landscape, o semplicemente che sono arroccati su una montagna, fiordo, scogliera e persino cratere vulcanico.
Molti di questi miradores sono situati in Sudamerica, forse perchè gode di spettacolari punti di vista paesaggistici, altri overlook li ho trovati sparsi in Norvegia, sui bellissimi fiordi, ed altri ancora in diverse zone del mondo che offrono incantevoli viste.

Ed ora affacciamoci in Cile (Sudamerica), siamo sull'osservatorio "Mirador Pinohuacho" in Villarrica,   costruito su un'area di 26 mq.


Progettato da Rodrigo Sheward dell'università di Talca, è stato realizzato nel 2006 per riconvertire un territorio devastato dallo sfruttamento del legname e dalla lava vulcanica che ha rovinato le zone agricole.
Un territorio, quindi, che si è dovuto reinventare.
Nella costruzione del mirador, sono stati riciclati i legni già tagliati ed abbandonati durante la deforestazione, è stata utilizzata manodopera locale e sono stati gli stessi abitanti a tagliare i tronchi.


Il Mirador sorge in una zona panoramica particolare, è organizzato con due punti di vista, uno guarda verso il vulcano Villarrica, l'altro verso i laghi Calafquén e Panguipulli.
D'estate serve come riparo per i cacciatori di cinghiali, e d'inverno come rifugio per gli escursionisti.
L'Università di Talca per realizzare questo progetto si è mantenuta fedele al suo credo: "llevar la arquitectura donde no la hay" (portare l'architettura dove non c'è).



Photo Copyright © Grupo Talca
Arquitecto: Rodrigo Sheward
Profesor Guía: Germán Valenzuela
Participantes en la construcción: Pedro Vázquez, Carlos Vázquez, Danilo Vázquez, Miguel Vázquez, Pablo Vázques, Hugo Vázquez, Rodrigo Sheward



Ora siamo in Jalisco, México e ci affacciamo dal mirador, "Las Cruces".
Costruito nel 2010 su 140 m² dagli architetti cileni Elemental, questo mirador aveva bisogno di due punti di osservazione per le due tappe fondamentali della "Ruta del Peregrino", un cammino religioso meta turistica di questa regione.
Così nacque l'ispirazione per una struttura monolitica con osservazione bilaterale, nelle due direzioni; sulla valle e sulle croci del pellegrinaggio, le due tappe del percorso.
Il mirador si compone quindi di due parti, delle quali una è sistemata sul terreno, e l'altra con uno sbalzo si proietta sulla valle.
Ambedue le aperture dei volumi sembrano incorniciare il paesaggio, come grandi finestre.


Photo Copyright © Iwan Baan-Elemental
Arquitectos: Elemental
Team: Alejandro Aravena, Diego Torres, Victor Oddó, Juan Cerda, Gonzalo Artea, Cristian Martínez, Fernando García


Questa volta invece siamo sul cratere del vulcano del Quilotoa, in Ecuador, sul mirador "Shalala", situato sulle Ande, a 3974 metri sul livello del mare, una posizione inedita rispetto agli altri miradores.
Costruito sul bordo del cratere dal diametro di 3 km, questo mirador ha una struttura in legno e vetro con duplice funzione: affaccio nella parte superiore con uno sbalzo sul vulcano, e punto di sosta-contemplazione sulle gradinate sottostanti, una posizione davero strategica per i turisti che arrivano in questa zona ad ammirare il bellissimo cratere.



E se volete dare un'occhiata all'intero progetto, vi lascio questo link: mirador en shalala


Photo Copyright © Lorena Darquea, Daniel Moreno Flores
Architects: Jorge Andrade Benítez-Javier Mera Luna-Daniel Moreno Flores.
Collaborators: Manuel Galárraga, María Paz Villagomez, Diana Callejas, Christian Rea, Natalia Dueñas, Juan Carlos Cisneros



Ed ora ci spostiamo in nord Europa, sui bellissimi fiordi norvegesi.
Siamo sul fiordo Geiranger Fjord, nella valle del Trollstigen (la scala dei troll), qui vi è una delle strade più ripide al mondo, con pendenza del 9%.
Una serie di sentieri su vari dislivelli ci portano fino a questo outlook point, progettato nel 2012 da Reiulf Ramstad Architects.
È un percorso turistico straordinario che fa parte del national tourist routes project, un circuito turistico di 66 miglia attraverso i fiordi del Trollstigen, circondato dalle montagne Kongen (il Re), Dronningen (la Regina) e Bispen (il Vescovo), un percorso organizzato con terrazze e punti panoramici che affacciano sui fiordi.
Il progetto di Reiulf Ramstad, oltre l'outlook point ed il percorso, comprende anche un centro visitatori, un ristorante ed una galleria espositiva.
Il progetto ha ricevuto il premio di architettura contemporanea "Mies Van Der Rohe Award".





Copyright © Reiulf Ramstad Arkitekter AS
Photo Copyright © Diephotodesigner.de
Architects: Reiulf Ramstad Architects
Project team: Reiulf D Ramstad, Christian Fuglset, Anja Strandskogen, Christian Dahle, Nok Nimakorn


Vi lascio alcuni link dove potete visionare altre foto e trovare ulteriori info su questo progetto.
http://www.nasjonaleturistveger.no/no/presse/nyheter/arkitekturpris-til-trollstigen
http://www.dezeen.com/2012/07/07/trollstigen-by-reiulf-ramstad-architects/


Ora siamo sul fiordo di Aurland, in Norvegia, a 640 metri di altezza.
"Aurland lookout", costruito nel 2006 dagli architetti Saunders e Wilhelmsen, ha una struttura in legno di pino e acciaio galvanizzato, un affaccio sicuramente scenografico, con la sua struttura che sembra buttarsi a capofitto nel paesaggio circostante.
Anche questo progetto fa parte di un programma nazionale di itinerari turistici commissionato dal Dipartimento delle autostrade norvegesi.



Copyright © Saunders e Wilhelmsen
Photo Copyright © Bent René Synnevåg, Nils Vik


Ed ora siamo sulla piattaforma-belvedere "Gudbrandsjuvet", sulla gola del fiume Valldøla, sempre in Norvegia.
Un posto davvero bello per il fiume che ha eroso la roccia, creando una gola e formando varie cascate, anche questo belvedere fa parte di un percorso turistico norvegese.
Progettata dagli architetti norvegesi Jensen & Skodvin, la piattaforma a sbalzo è una lastra di acciao tagliata al laser che si connette direttamente al ponte.

Un'antica leggenda narra che questo burrone prese il nome da un uomo chiamato Gudbrand, che nel 1500 rapì una donna della quale era innamorato. Per scappare dai suoi inseguitori si tuffó nella gola del fiume. L'uomo fu così sempre ricercato, anche se dicono che visse il resto della sua vita in una capanna di pietra in una delle valli laterali sopra Gudbrandsjuvet, mentre della sua amata non fu trovata nessuna traccia.



Photo Copyright © Jensen & Skodvin Arkitektkontor


E come ultima tappa ci spostiamo in Spagna, siamo sul mirador "Paratge de Tudela-Culip", a Cap de Creus (Girona).
Questo mirador è nato come progetto di recupero della costa di Cap de Creus, in questa zona sorgeva un villaggio turistico che fu dismesso dopo che la zona fu dichiarata parco naturale. Vista la bellezza ed unicità paesaggistica di quest'area, pensarono di creare un mirador ed un percorso turistico con pannelli informativi.
La natura morfologica del luogo è singolare, il vento ha plasmato nei millenni le rocce, infatti a varie rocce erose sono state attribuite delle figure.
Lo stesso Dalì riconobbe il luogo incredibilmente bello.
Gli architetti paesaggisti dello studio EMF, hanno pensato di organizzare il mirador con due blocchi-belvedere che incorniciano punti strategici di Cap de Creus.




© Domènec Ribes Mateu
Copyright © EMF Estudi
Autores: EMF Estudi Martí Franch, J/T Ardèvol.Ton Ardèvol.
Colaboradores: M. Bianchi, M. Batalla, A. Alvarez, G. Batllori, C. Gomes, A. Lopez, L. Ochoa


E vi lascio con questa dedica di Dalí a questo meraviglioso paesaggio.
"Aquesta part compresa entre el Camell i l'Àguila que tu coneixes i estimes tant com jo mateix és i ha de continuar per sempre essent geologia pura, sense res que pugui mixtificar-ho; en faig qüestió de principi. És un paratge mitològic que és fet per a déus més que per a homes i cal que continuï tal com està".
-Salvador Dalí.

(Questa parte compresa tra il Cammello e l'Aquila che tu conosci e ami come io stesso amo, deve continuare a essere per sempre geologia pura, senza niente che possa alterarlo, ne faccio una questione di principio. È un luogo mitologico fatto per dei più che per uomini e dovrebbe continuare a essere com'è.)


link dove potete continuare questa passeggiata naturalistica al Cap de Creus:
http://elracodelpare.blogspot.it/2013/04/si-em-voleu-acompanyar-pel-paratge-de.html
http://www.sociedadgeologica.es/archivos_pdf/gdia14gui_girona.pdf

Il fascino del Corten

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Corten… un materiale che trovo affascinante, con quel particolare color ruggine e l'aspetto di logoro e vissuto nel tempo.
Corten, o Cor-Ten, CORrosion resistance + TENsile strength, un materiale davvero unico, che negli ultimi anni si è aggiudicato un rilievo notevole tra i materiali più utilizzati in restauri e ristrutturazioni, attirando l'attenzione proprio per le sue caratteristiche: un'elevata resistenza meccanica, un'ottima resistenza alla corrosione ed un valore estetico nel rispetto dei materiali antichi, il tutto con un vantaggio nei costi.
Brevettato nel 1933 negli Stati Uniti, da allora viene prodotto in tre tipi (A, B, C) in base alla composizione chimica ed allo spessore; solitamente il tipo A è quello che viene utilizzato nelle ristrutturazioni.
Vi posto di seguito alcuni esempi del suo impiego in ristutturazioni.

"Dovecote Studio" degli architetti Haworth Tompkins, è un esempio di come è stato utilizzato il Corten in una vecchia colombaia abbandonata. Gli architetti hanno inserito una piccola struttura, uno spazio per uno studio musicale interamente rivestito in Corten, nel vecchio recinto murario dell' antica colombaia.


Una piccola struttura che offre uno spazio musicale per il Campus fondato da Benjamin Britten, nel Suffolk. Lo spazio ha una vetrata che permette ai musicisti di suonare contemplando il paesaggio circostante, con vista sulle paludi.
Internamente è stato rivestito in legno di abete, offrendo così una buona acustica agli stessi artisti, e l'entrata sottolinea il passaggio dall'antico recinto alla nuova struttura.

Photo Copyright © Philip Vile
Architect: Haworth Tompkins


Altro esempio dell'utilizzo del Corten lo notiamo nel museo del sale "Salt Museum", in Francia,  nato dalle antiche saline di Salins Les Bains, utilizzate nel medioevo ma oramai dismesse dal 1942.
Gli architetti Malcotti, Roussey e Gheza, sono intervenuti risistemando queste antiche saline, inserendo nei manufatti antichi elementi nuovi, utilizzando l'acciaio Corten ben visibile nella facciata frontale nord, dove un blocco rivestito interamente di questo materiale fuoriesce a sbalzo tra le pareti originarie di una delle saline, marcando l'ingresso al museo.



Gli architetti hanno creato un percorso-passeggiata tra le saline, risistemando l'intera area.
In un'altra salina, destinata a ristorante-casinò, hanno ricostruito la facciata con un un doppio rivestimento, una grande vetrata affiancata da lamine di Corten lavorate artigianalmente,
creando così appositamente un gioco di contrasti nell'utilizzo del Corten, tra il volume semplice e netto dell'entrata del museo con questa facciata artistica-artigianale del ristorante.




Nel 2009 le saline di Salins les bains sono state inserite nel patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, insieme alle Saline Reali di Arc-et-Senans.

Photo Copyright © Nicolas Waltefaugle
Architects: Malcotti Roussey Architectes + Thierry Gheza
http://www.salinesdesalins.com/


"Kew House", dello studio londinese Piercy&Co., è una casa per famiglia.
È un intervento di inserimento di due volumi in acciao Corten dietro una quinta muraria del XIX secolo, in un'area a sud-ovest di Londra.


Nella progettazione degli spazi di questa casa, lo studio ha posto molta attenzione alla famiglia, pensando ad un equilibrio tra gli spazi tranquilli e quelli sociali, sistemando percorsi-collegamenti tra le varie zone della casa, come ad esempio lo spazio vetrato che collega i due volumi, uno spazio che  che permette anche di far entrare molta luce.



Quest'inserimento è simile al primo intervento che ho postato, una nuova struttura in corten dietro un recinto murario antico.
E per dare un'occhiata all'intero progetto, vi inserisco un link:
http://www.piercyandco.com/

Photo Copyright © Piercy & Company
Architects: Piercy & Company-Architect's Studio


Nel "Raif Dinçkök Yalova", un centro culturale in Turchia, l'acciaio Corten è stato utilizzato in pannelli come una pelle di rivestimento alla struttura.
Gli architetti dello studio Emre Arolat Architects hanno voluto dare un aspetto industriale alla struttura, come di superficie arrugginita, per contestualizzare l'edificio nella cittadina di Yalova, dove i cittadini sono circondati da aree industriali.
I pannelli sono poi stati perforati sia per esigenze tecniche di ventilazione, sia per avere un effetto notturno suggestivo visto che la luce, passando attraverso i fori, crea un effetto tendina trasparente.


Photo Copyright © Emre Arolat Architects
Architects: Emre Arolat Architects


E questi sono solo alcuni dei tantissimi esempi dell'utilizzo del Corten che ripeto, a mio avviso, è un materiale davvero affascinante.
Esistono anche vari falsi Corten in commercio, ma l'originale è sempre accompagnato dalla certificazione.
Infine vi lascio un link dove potrete apprezzare varie immagini con l'utilizzo di questo materiale.

http://www.pinterest.com/dezeen/corten-steel

New Look!

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Architettura Take Away cambia look.
Nuovi post in arrivo!

Children and Architecture

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Architettura e bambini; affronto i due temi insieme, perchè molte volte mi è sorta spontanea la domanda del "se sappiamo progettare" per loro. Trovandomi di fronte a scuole, parchi giochi, ospedali pediatrici e via dicendo, cercavo in queste architetture l'ergonomia, lo spazio, la funzione degli stessi, uniti all'aspetto ludico e creativo, ma nella maggior parte dei casi mi ritrovavo ad osservare esercizi creativi di estetica, dalle forme bizzarre che sembravano simulare i giochi del bambino, con poco studio dedicato all'importanza del rapporto tra spazi e struttura, oppure poca funzionalità, risultando una semplice dimostrazione di approccio verso i più piccoli. Non ne faccio un discorso solo sul come si può progettare, ma anche sul come poter dotare i locali pubblici di spazi adatti ai bambini, ad esempio entrando in un bar, spesso ci si rende conto che la struttura è sprovvista di sedie, poltroncine o sgabelli adatti ai più piccoli, e non ha neanche un'area per soddisfare le esigenze ludiche, aspetti che, credo, potrebbero risolversi semplicemente dedicando mobiliario ed aree adatte a questi piccoli ospiti. Qui in Europa, nei paesi nordici, ho notato un'attenzione maggiore, verso questo tipo di architettura nei luoghi pubblici, come supermercati, banche, o semplicemente edifici del comune, dove c'era una zona o un punto gioco dedicato ai bambini.
image: © Architettura Take Away

È mia intenzione però sottolineare anche altri punti che accompagnano il discorso progettuale; punti psicologici, pedagogici e comportamentali che riguardano il bambino; non è affatto facile reperire documenti, tabelle, nozioni e materiale sul come pensare e realizzare questo tipo di architettura, sarebbe, invece, interessante vederne uno studio congiunto e dettagliato sui molteplici aspetti che la riguardano. Aspetti che dovrebbero essere alla base di questa progettazione, ed ho provato ad evidenziarne alcuni  che trovo fondamentali.

o) La parola più istintiva che ci suscita un bambino è GIOCO, l'aspetto ludico.
Quindi cos'è il gioco? Da un punto di vista psicologico è fondamentale per un bambino, e qui entrano in gioco (scusate il gioco di parole) :) gli psicologi infantili.
Piaget, lo psicologo svizzero, considerò nei suoi studi il gioco una fase fondamentale per i primi due anni di vita del bambino, come stimolo alle sensazioni, allo sviluppo cognitivo e psico-motorio.

o) L'elemento LUCE, sia essa naturale che artificiale, ha un'importanza basilare: la luce naturale ad esempio è utile nella crescita del bambino; quando si pensa ad una struttura dove alloggerà un bambino, il progetto dovrà essere ben corredato di vetrate, lucernari, pozzi di luce e tutto quel che serve per far entrare luce naturale diretta e indiretta, distribuendo una corretta superficie di illuminazione in proporzione alle aree, considerando quindi il soleggiamento e studiando le ombre.

o) Il COLORE altro aspetto fondamentale per il bambino, tutto ciò che lo circonda ha colore, e stimola le percezioni visive. I colori, secondo alcuni studi di cromoterapia, devono essere adatti ai più piccoli, stimolando sensazioni diverse rispetto ai diversi spazi, alle età di crescita, e curiosità verso i materiali utilizzati.

o) La NATURA. Aspetto bellissimo nell'architettura, trovo che sia un punto cruciale il rapporto che ha con i bambini. Vedo nascere tanti agri-asilo, e trovo interessanti le sensazioni e le percezioni tattili e olfattive che possono sviluppare i piccoli a contatto con la natura, una full-immersion del bambino tra gioco, attività e natura. Infatti il pedagogista tedesco Fröbel fu l'ideatore dei kindergarten, quello che noi definiamo il Giardino d'infanzia, anche se il senso da lui pensato fu diverso: intendeva proprio una scuola-giardino. Per Fröbel il bambino era come una pianta, doveva crescere in spazi liberi e naturali, ed ideó il giardino diviso in tanti piccoli spazi dove ogni bambino aveva a disposizione il proprio orticello da poter gestire e così avere un rapporto individuale e diretto con la natura. Le maestre erano denominate "maestre giardiniere" e dovevano essere preparate da un punto di vista pedagogico e psicologico per assecondare gli stimoli e la spontaneità dei bambini.
Insomma, un esempio da seguire. Ho trovato interessante anche che negli ultimi anni in Ontario è stato redatto un manifesto, una carta dei diritti del bambino, un manifesto che descrive il rapporto che devono avere i bambini con gli spazi aperti e con la natura, vi riporto cosa dice il manifesto:
"I bambini hanno il diritto di esplorare e giocare all'aperto. Ricerche dimostrano che i bambini che passano regolarmente tempo a contatto con la natura sono più sani e felici." Ontario Children's Outdoor Charter.

o) Altro punto, l'ECOSOSTENIBILITÀ, bisogna pensare a progettare con materiali bioecologici, utilizzare pitture atossiche, pensare all'approvviggionamento di risorse energetiche, come sistemi fotovoltaici, il riutilizzo dell'acqua piovana, l'utilizzo di sistemi per il riciclo.
Il mondo ha bisogno di bioarchitettura e di sistemi di riciclo, ed abituare i bambini sin dall'infanzia ad un rispetto dell'ecosistema è importante.
Ho trovato una sorta di classifica di scuole green, che ogni anno si sfidano a diventare la prima scuola green dell'anno: il Global Coalition for Green Schools.



o) La SICUREZZA e l' ERGONOMIA, davvero sono tutti ergonomici i mobili per l'infanzia?
Il mobiliario così come gli oggetti devono essere esclusivamente adatti ai bambini, con materiali atossici, e con una scheda di sicurezza riguardo l'utilizzo.
E gli spazi? rispettano davvero la normativa, o le varie fasi di crescita del bambino? Così come non ci dovrebbero essere barriere architettoniche, tema che dovrebbe anche essere superfluo, ed invece assistiamo spesso ancora ad un'evidente mancanza in tante strutture.

o) Altro punto, il DESIGN, il design ed il rapporto che ha con i bambini. Bruno Munari ci ha dimostrato che si può fare. I bambini possono imparare giocando, ed essere stimolati a costruire oggetti quotidiani, secondo il metodo che l'artista Munari propose nei suoi laboratori didattici negli anni '70.

o) La visione e la PERCEZIONE degli spazi. Ci siamo mai posizionati ad altezza bambino per poter visualizzare il loro mondo? Cambiano i punti di vista prospettici rispetto a quello che vediamo noi, e cambia la percezione dello spazio. La Montessori ci raccontava che bisogna pensare ad una giusta proporzione, per creare una prospettiva visiva migliore. Quindi studiare il loro punto di vista prospettico è un buona idea in fase di progettazione. o) E la MUSICA, sì, la musica che piace tanto ai bambini. È molto utile negli ambienti per rilassarli o per stimolarli. La musica, come il ballo, è stata sempre fondamentale per la percezione della libertà del movimento. I bambini hanno bisogno di musica, di sentire i suoni, di divertirsi muovendo il loro corpo in funzione del ritmo.
E questi sono vari aspetti che, penso, dovrebbero fondersi in un'unica architettura destinata ai bambini, così come una fusione di caratteristiche che stimolano il bambino, lo divertono ed interagiscono con lui. Ho scelto alcuni esempi da mostrarvi.


In questo progetto, ho notato l'importanza dello spazio in relazione al gioco ed al rapporto che ha con la natura, così come l'illuminazione, che sono alcuni punti chiave principali.
Si tratta di un asilo a Tokio, pensato da due architetti giapponesi, marito e moglie, Takaharu e Yui Tezuka, che hanno realizzato nel 2007 questa struttura pensando ai bambini che possono relazionarsi come vogliono agli spazi, avendo piena libertà di movimento, ad esempio, salire sul tetto ed utilizzarlo come spazio gioco. Questi due architetti, sempre vicini al mondo dei bambini, e lasciandosi ispirare dai figli, hanno pensato l'asilo come un playground, "The playground lets kids run forever".

photo: © Koji Sasahara




Un elemento aggiunto al Fuji Kindergarten, è il “Ring Around a Tree”. Uno spazio per l'attesa dell'autobus e l'entrata alla scuola, un elemento architettonico semplice come la scala che avvolge un albero, un albero di 50 anni, la zelkova, diventata simbolo per la gente del posto, perchè è riuscita a mantenersi in piedi durante un tifone. Un albero che ricorda agli anziani di quando loro ci si arrampicavano per giocare, diventando così gioco con la natura e fruizione della stessa in uno spazio architettonico.






Altro progetto che trovo interessante, è la scuola a Guastalla a Reggio Emilia, progettata dallo studio Mario Cucinella Architects nel 2014, pensata per sostituire la vecchia struttura crollata per il sisma del 2012. Un asilo progettato per 120 bambini, dove i vari setti che la compongono e si susseguono danno forma ad una struttura sinuosa, utilizzando il legno come materiale primario, lasciando entrare tanta luce naturale, diventando un tutt'uno con lo spazio circostante. I bambini possono così sentirsi a loro agio con un rapporto tra interno ed esterno continuo.



In questa scuola sono stati presi in considerazioni molti dei punti che ho tracciato prima, come la scelta dei materiali, quali il legno, il rapporto fondamentale con la natura, la scelta dell'illuminazione naturale, la forma degli spazi interni dedicati alle varie aree di crescita, la scelta dei colori che stimolano le percezioni e le sensazioni dei bambini.

photo: © Fausto Franzosi


Particolare attenzione è stata dedicata anche all'ecosostenibilità, come l'utilizzo di sistemi per la raccolta di acqua piovana, l'isolamento termico, la collocazione di un impianto fotovoltaico sul tetto.


Paul Chevallier School progettata dallo studio francese Tectoniques, a Lyon in Francia, è un altro esempio di scuola che ha un forte rapporto con la natura, costruita su di un pendio boscoso del parco Brosset, sfruttando la morfologia del terreno, è stata progettata per integrarsi nel contesto naturale. Gli architetti hanno realizzato un tetto giardino con prato e fiori, che ricopre l'intera scuola,  sottolineando l'importanza che hanno voluto dare all'intero progetto. Oltre allo spazio verde del tetto, all'esterno sul lato meridionale la scuola è dotata anche di un orto, un grande cortile.

photo: © Renaud Araud 


La struttura è quasi tutta interamente in legno, lo studio Tect, da anni progetta edifici sostenibili, utilizzando come elemento primario il legno. In questa scuola gli spazi interni sono dei semplici moduli rettangolari per le aule, le zone dormitorio, la biblioteca e gli altri servizi, dotati tutti di grandi finestre per far entrare la luce e stimolare i bambini a guardare fuori, proprio verso lo spazio verde.
Questi moduli interni con la loro struttura regolare marcano la differenza con la irregolarità degli spazi esterni che definiscono parte del landscape.


La scuola inoltre è dotata di pannelli solari, di un sistema di riscaldamento a legna, e le finestre sono state studiate per sfruttare l'illuminazione naturale.


photo: © Renaud Araud


Altro progetto che ho notato è una biblioteca per bambini a Monterrey, in Messico, progettata nel 2013 dallo studio Anagrama convertendo un'ex acciaieria in biblioteca e centro culturale.
Qui c'è un discorso di recupero industriale, un approccio per i più piccoli verso ciò che è antico, dismesso, stimolando quindi la percezione che possono avere i bambini nel vedere il contrasto tra i materiali nuovi con colori vivaci e la vecchia struttura della biblioteca dai toni neutri.
La nuova piattaforma asimmetrica simula la topografia del territorio montagnoso di Monterrey.



photo: © Caroga


Un'altro esempio di libreria è a Njoro, la Children’s Library in Tanzania, progettata da Patricia Erimescu.
Bisognava costruire una libreria per 408 bambini, alle pendici del monte Kilimanjaro, in una zona isolata, senza energia, una sfida per tanti bambini che hanno bisogno di leggere, non avendo libri a casa.
Una libreria alla quale gli stessi bambini hanno dato il loro contribuito lavorativo nella realizzazione, seguendo le indicazioni di Patricia Erimescu in collaborazione con la ONG di istruzione.
La libreria è stata costruita secondo la tradizione Masai, pensando soprattutto ai materiali in relazione al clima caldo, i muri sono stati costruiti in maniera tale da permettere la ventilazione, con spazi-interstizi di areazione tra i mattoni, e la pendenza del tetto, con l'ombra generata dagli alberi piantati lungo il perimetro, crea un passaggio di aria fresca.

photo: © Patricia Erimescu

photo: © Patricia Erimescu

 
 photo: © Patricia Erimescu



"Children’s Home of the Future" è un centro sociale di accoglienza per bambini emarginati, a Kerteminde in Danimarca, progettato dallo studio danese CEBRA.
Un edificio interpretato come "casa" cercando di ricreare un aspetto di vita quotidiano familiare per questi bambini emarginati.

photo: © Mikkel Gelo


Il progetto ha ripreso forme semplici e basilari di una semplice casa, così come la vedono e disegnano i bambini, ad esempio la classica forma rettangolare con un tetto triangolare, e partendo da questa ispirazione se ne è fatto un progetto, il loro progetto.




E poi ci sono piccoli progetti come questo, progetti speciali per persone che hanno un deficit dell'ormone della crescita e sono alti come i bambini. È un teatro, il Little Ant Shadow Play Theatre, costruito in Qianmen, a Pechino, realizzato gratuitamente dallo studio URBANUS , dalla progettazione ai materiali utilizzati che provengono da donazioni o riciclo.

 photo: © URBANUS


Un progetto entusiasmante, dove la troupe composta da burattinai di ombre, aiuta questo "piccolo popolo" nella ricerca della loro autostima, raccontando e mettendo in scena antiche storie cinesi.

photo: © URBANUS



E vi lascio con questa frase:
Impariamo a progettare per i bambini.
autore del post: arch. Susy Di Monaco
Gennaio 2017 © copyright "Architettura Take Away"

White in the city...White in Milan

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In questi giorni mi è arrivato un invito a partecipare come "Blogger Friend" per "White in the city", l'evento nell'evento della "Milano Design Week", un'invito a parlare del colore bianco per quest'evento.
Bianco, il colore dell'essenzialismo, e, per me, il colore di fondo che esalta tutti gli altri colori.
Il bianco da sempre nell'antichità ha avuto importanza, veniva visto come colore della luce, colore che simboleggiava la divinità, la purezza, l'ideale della perfezione.
Sia in architettura che in scultura, il bianco esprimeva in modalità monocroma la perfezione, il Canova infatti lo adottò per le sue statue neoclassiche.
Il bianco è un colore che amplifica lo spazio, è stato spesso associato al purismo, al colore del razionalismo, il bianco definisce volumi eterei e astratti.


Un colore che viene definito non-colore, nonostante racchiuda in sè tutti i colori dello spettro visibile. Bianco è il colore scelto per Milano con White in the city.


Un itinerario che racconterà il Bianco nelle sue mille sfaccettature cromatiche e simboliche, tra arte e design, dal piccolo al grande oggetto.
Una sfida lanciata dai suoi ideatori, Giulio Cappellini e Claudio Balestri di Oikos.


Sono cinque le location che sono state scelte nel noto quartiere di Brera, che verranno allestite per le mostre:
Accademia di Belle Arti di Brera, dove verranno esposti prototipi di opere, attraverso i quali gli studenti dell'Accademia daranno una loro visione del “Futuro Bianco”, simbolo materiale e immateriale del ben-essere, una ricerca innovativa sul tema del bianco, un'esposizione nei corridoi tra i gessi del Canova e le volte dell'ex collegio dei Gesuiti.
Pinacoteca di Brera, dove sarà presentato il tema "White Architecture",nel cortile d'onore saranno realizzate due installazioni architettoniche speculari da Giulio Cappellini, che "riprenderanno in chiave inedita e contemporanea la forte presenza dell'edificio stesso".  La Pinacoteca ospiterà Stefano Boeri Architetti, David Chipperfield Architects, Studio Libeskind, Aires Mateus Associados, Studio Marco Piva, Patricia Urquiola, Zaha Hadid Architects.
Palazzo Cusani, dove sarà allestita la mostra "White on White", "il bianco inteso come essenzialità, come idealizzazione, come esplorazione dei volumi attraverso le ombre." Un'esperienza da raccontare.Al Piano Nobile, sarà allestita un'altra mostra "White Icons",curata da Giulio Cappellini, una mostra che, come descrive il curatore, "vuole raccontare con un allestimento semplice ma suggestivo i principali prodotti e materiali che sono diventati punti di riferimento e si sono caratterizzati dall'uso del colore bianco." 
Palazzo Cusani inoltre ospiterà gli architetti 5+1AA Alfonso Femia-Gianluca Peluffo, Alberto Apostoli, Studio Asia, Caberlon Caroppi Italian Touch Architects, Raffaella Laezza Underarchitecture, Studio Mamo, Jasper Morrison, Studio Rotella, Studio Svetti.
Ex chiesa di San Carpoforo, dove il bianco sarà rappresentato con un' installazione, il "Bianco Oikos", "una grande parete che con tasselli di diverse dimensioni racconterà in un gioco di trame e sfumature l'enorme offerta di bianco Oikos Colore del Benessere."
Alcuni tra i più giovani e promettenti designer realizzeranno alcuni arredi utilizzando le diverse finiture Oikos ed i materiali di aziende con forte caratteristica di sostenibilità.
Class editori Space, uno spazio dedicato a giovani designer internazionali, che rappresenteranno con la mostra "White Young"  la scelta del bianco nella sostenibilità.
Un insolito giardino e un loft nel centro di Milano che faranno da cornice alle realizzazioni di questi designer, un luogo di incontro e di dialogo, dove giovani designer e aziende possono vivere momenti di interazione e scambio di idee.


Un percorso tra queste 5 location, alla ricerca del Bianco come colore e sensazione.
"White in the city"- Milano Design Week dal 4 al 9 aprile 2017.


autore del post: arch. Susy Di Monaco
febbraio 2017 © copyright "Architettura Take Away"


Credits: redazione "White in the city"
Main sponsor: Oikos 
Art Director:Giulio Cappellini curatore






Interiorisme en BCN_l'Interior design a Barcellona

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Mi ritrovo di nuovo qui, in Spagna, a vivere e a ricominciare.
Da dove? Dai progetti di interni, gli "Interni Catalani", nei quali vivo, e per i quali ho lavorato diversi anni, in ristrutturazioni di palazzi antichi, interni dove ho potuto apprezzare l'interessante l'utilizzo dei materiali e delle tecniche tradizionali legati a questa terra, che si sperimentano giorno dopo giorno.
Materiali semplici, come il legno, un cult nelle ristrutturazioni spagnole, che spesso viene accostato ad un altro materiale, come acciaio, o metallo, o cemento, solitamente verniciato in bianco, un accostamento che potrebbe far venire in mente l'architettura nordica, quella alla maniera di Alvar Aalto, per intenderci.
E le piastrelle, quelle in pavimentazione, rimesse in luce, cementine antiche che vengono ripulite e risistemate, sono le piastrelle originali denominate "mosaic hidràulic", che donano agli ambienti eleganza conservando i disegni Liberty del "Modernismo".
Ho cercato qui in Catalunya le fabbriche di cementine, e ne ho trovate alcune che realizzano queste piastrelle alla vecchia maniera.





Come la pavimentazione, anche il solaio di copertura viene di solito mantenuto nelle ristrutturazioni. Basta alzare lo sguardo verso il solaio per rendersi conto delle antiche volte catalane, le "bovedillas", che quasi sempre, in una ristrutturazione, vengono lasciate a vista.
Il sistema costruttivo è chiamato "entrebigat" (tra travi), sono voltine in laterizio fine che si appoggiano sulle travi in legno.

Ed ho trovato un gruppo di ricerca e rucupero sugli antichi materiali e tecniche tradizionali catalane, il gruppo Greta. Interessante è il loro sperimentare le antiche tecniche, riproducendole con studenti.


photo: © Greta - Grup de Recuperació i Estudi de la Tradició Arquitectònica

Vi mostro di seguito alcuni progetti di alcuni studi, che ritengo interessanti per farvi notare quest'utilizzo di materiali e tecniche nella ristrutturazione di interni catalani.

La seguente è una ristrutturazione di un appartamento di un edificio del 1930 nell' Eixample di Barcellona, in Provença 371, si tratta di un appartamento di 70mq.
Lo studio EO Arquitectura ha dovuto inizialmente riportare l'appartamento al suo aspetto originale, intervento non facile a causa dello stato precario di conservazione in cui versava l'edificio: strati di materiali differenti si erano accumulati con il tempo; installazioni negli anni avevano invaso gli spazi, che nel frattempo erano stati ulteriormente suddivisi.

photo: ©Adrià Goula


photo: ©Adrià Goula

Gli architetti hanno subito rimesso in sesto i pavimenti originali e le volte catalane che, in questo caso, sono state ridipinte in bianco.
Una volta definiti gli elementi antichi come prioritari, è stato organizzato lo spazio utilizzando mobilio in legno realizzato su misura con un disegno semplice, creando un volume con pannelli scorrevoli di legno, come un modulo, dove è stata sistemata la camera da letto, uno spazio nello spazio per creare movimento nell'appartamento.


photo: ©Adrià Goula
Arquitectos: EO Arquitectura
Photos: ©Adrià Goula

Scheda tecnica:
Localizzazione: Provença 371_Eixample, Barcellona, Spagna. Committente: Juanjo y Magda Architetto: Adrian Elizalde. Architetto collaboratore: Clara Ocaña. Area: 70mq
Fine lavori: 2014.
Fotografía:
Adrià Goula



Vi mostro ora un progetto finalista del premio FAD 2015 di "interiorismo" (arredamento di interni) di Pepe Ramos in collaborazione con Miquel Mariné, una ristrutturazione effettuata in Barcellona nel Poble-Sec.
Il locale in passato era stato un'antica polleria, poi un garage, con un'altezza di 4 metri e con un patio-giardino alle spalle. Durante la ristrutturazione sono stati subito messi in luce gli elementi originali della struttura, come le colonne in ferro, le travi in legno, i muri in laterizio ed i due grandi portoni in legno di ingresso.
Approfittando soprattutto dell'altezza del locale, tutti i mobili sono stati disegnati su misura.
Si è data grande importanza alla luce naturale proveniente dal patio e dai portoni di ingresso.

photo: ©José Hevia

photo: ©José Hevia

photo: ©José Hevia


Arquitectos: Pepe Ramos y Miquel Mariné
Photos: ©José Hevia

Scheda tecnica:
Localizzazione: Poble Sec, Barcellona. Spagna.
Committente: Lena Wiget-Joe Littenberg.
Architetti: Miquel Mariné, Pepe Ramos Temiño.
Architetto Tecnico: Albert Brufau
Fine lavori: 2014.
Fotografía: José Hevia



Questa è una ristrutturazione integrale dello studio M2arquitectura, realizzata nell'Ensanche in Barcellona nel 2013.
"Reforma integral de piso pasante del ensanche de Barcelona".
Lo studio realizza in questa ristrutturazione una netta seprazione tra zona giorno e zona notte, con una zona intermedia dove installa un mobile di color grigio che serve da contenitore, attraversando l'appartamento, organizzando così anche gli spazi per la cucina, per gli armadi ripostiglio, etc.
La divisione degli ambienti si nota anche nella pavimentazione, parquet e gres con disegni geometrici in colore grigio e azzurro.


photo:©Gerard García Vilarrasa

Nella zona superiore, a contatto con il tetto originale, lo studio realizza un cassone solo centrale che segue la direzione del mobile contenitore sottostante, accogliendo i diversi impianti, elettrici e di limatizzazione, in maniera tale da lasciare il resto del solaio con travi a vista.



photo: ©Gerard García Vilarrasa

photo: ©Gerard García Vilarrasa


Arquitectos: M2arquitectura
Photos: ©Gerard García Vilarrasa

Scheda tecnica:
Localizzazione: Barcellona, Spagna.
Architetti:
M2arquitectura
Area: 85.0 m2
Fine lavori: 2013.
Fotografía: Gerard García Vilarrasa




E non poteva mancare una ristrutturazione realizzata dallo studio EMBT Miralles-Tagliabue, dove ho avuto modo anni fa di collaborare come architetto in alcuni progetti.
Questa è una ristrutturazione di 9 appartamenti in un edificio nel Barrio Gótico in Barcellona, in modalità low cost.
L'edificio ha subìto molte trasformazioni nel tempo, e presenta molte stratificazioni.



photo: ©Marcela Grassi


Lo studio ha subito individuato e ritrovato gli elementi originali per riportarli alla luce, come gli affreschi degli inizi del XX secolo, le voltine in laterizio del solaio con travi in legno, la pavimentazione con le maioliche antiche, gli archi gotici e la malta di calce antica.
Una base di elementi  costruttivi originali dal quale lo studio è partito per il progetto di ristrutturazione, approfittando della conservazione dei materiali antichi, lo studio ha proposto così una ristrutturazione low cost, spendendo solo per l'arredo realizzato in legno ed elementi divisori.

Gli affreschi sono stati lasciati a vista in parte, realizzando fasce verticali, creando un effetto unico, tra il nuovo e l'antico.
Alcuni mobili sono stati trovati nell'edificio e recuperati per essere poi inseriti nell'arredamento.
Per dare più luce agli spazi interni, sono stati rimossi molti tramezzi e sostituiti da pareti leggere, con struttura in legno di pino e policarbonato per far passare la luce.

photo: ©Marcela Grassi


 photo: ©Marcela Grassi

photo: ©Marcela Grassi

Arquitectos: EMBT
Photos: ©Marcela Grassi
Scheda tecnica:
Localizzazione: Barrio Gótico, Barcellona, Spagna.
Committente: Lena Wiget-Joe Littenberg.
Architetti: Benedetta Tagliabue-Miralles EMBT
Direttore progetto e direttore lavori: Salvador Gilabert
Area: 1.872 m2
Fine lavori: 2012.
Fotografía:
Marcela Grassi




E vi lascio qualche link, per chi è interessato ad approfondire il tema dei mosaics hidràulic.

Ho trovato un libro L'art del Mosaic Hidràulic a Catalunya scritto da Jordi Griset.








 History of the main mosaic factories in Spain.










The Mosaics of Barcelona


Un altro link su cos'è un El mosaic del meu barri
 

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